Ogni qualvolta l’artista esprime un punto di vista attraverso le proprie realizzazioni, dona alla società possibilità di riflessione e comprensione della realtà esterna e nuove forme di identificazione soggettiva che solleticano l’esperienza psichica interna di coloro che vi interagiscono. In altre parole, l’opera d’arte, nelle sue molteplici funzioni, sfugge al pieno controllo e alle aspettative dell’autore stesso, connotandosi di definizioni dinamiche e interattive che gettano i suoi significati nel corso del tempo e dei contesti antropologici nei quali si inserisce nell’arco della sua esistenza.
L’opera d’arte esiste perché intrisa di molteplici scambi intra ed intersoggettivi.
La relazione tra l’opera, l’artista e i processi che l’accompagnano, si arricchisce di variabili di significato in rapporto alla società stessa.
Secondo questa visione, dunque, il messaggio che l’artista vuole veicolare, è intrinsecamente in rapporto con un altro punto di vista. L’opera, pertanto, appartiene all’umanità e ogni artista ne ha consapevolezza e forse anche il desiderio che possa essere così.
D’altro canto, in questa dialettica incessante, l’intreccio tra i processi artistici e tutti coloro che vi si accostano, costituiscono possibilità narrative ed esperienze generative in termini di costruzione, decostruzione e ricostruzione delle sue funzioni.
I sogni, soprattutto quelli ricorrenti, durante l’analisi subiscono affascinanti trasformazioni che misurano i cambiamenti intrapsichici dell’autore, durante il processo.
L’opera d’arte, parallelamente, si muove all’interno di intrecci dinamici costituiti da vari livelli processuali: la cornice psichica interna dell’artista, la propria storia e i significati che gli attribuisce lungo l’arco di vita, le fantasie e i sogni che lo accompagnano, le aspettative generate dall’impatto sociale che scaturisce l’opera e dunque il suo rapporto sociale e politico con l’altro.
In analisi, la molteplicità di questi elementi, incontra l’opportunità di ricostruire su un piano associativo ed onirico, il bagaglio identitario dell’artista e di ognuna delle sue opere.
Cosa resterebbe di un’opera d’arte, senza i pensieri che le ruotano attorno?
Cosa rappresenterebbe la relazione analitica in assenza dei significati che tale relazione assume?
Il bisogno di ricercare incessantemente il senso della propria esistenza, porta con sé la maturazione del desiderio di dargli forma attraverso l’esperienza estetica.
Ogni immagine prodotta dalla mente (sogni, ricordi, fantasie, opere d’arte), assume un valore sintetico e orientativo del processo che ha prefigurato la sua emersione.
Possiamo distingue due tipi di forme simboliche e sue corrispettive funzioni, che M. Klein individuò e che, Susan Isaacs e Hanna Segal approfondirono nei loro scritti: equazione simbolica, funzione alla base del pensiero concreto, nel quale il simbolo è equiparato all’oggetto simboleggiato, al punto di essere vissuto come identico ad esso; rappresentazione simbolica, nella quale il simbolo rappresenta l’oggetto in forma metaforica e creativa.
L’artista e l’analista, pertanto, seppur con obiettivi e strumenti diversi, partecipano alla ricostruzione delle infinite “forme” che la realtà assume, fino a riconoscerne nitidamente l’essenza.
In un percorso analitico come in un processo artistico, le dimensioni del tempo e dello spazio si connotano di vissuti affettivi e stati percettivi che facilitano l’emergenza
di nuovi significati integrativi e soggettivanti, per l’essere umano.
Bibliografia:
Susan Isaacs, Fantasia inconscia
(2007);
Melanie Klein, Scritti 1921-1958
(1978).
Hanna Segal, Sogno, fantasia e arte
(1991);
Opera d'arte di Gianluca Marasca, Sigismondo
(2019).